Domande.


Domande.

Cosa indusse
i nostri cuori
a rinsavire?
L’oblio dell’ombra
che s’allungò,
rapace,
sui nostri sguardi
o il macerarsi lento,
nel dolore,
d’ogni smarrita speranza?
Le domande
si disperdono nell’acqua,
come foglie in autunno.

Cadenze lente.


Cadenze lente.

M’adagio,
mollemente,
in questo indugio
che assaporo
e che mi parla lento
ancora di noi,
d’un estenuato abbraccio,
di soffici silenzi
regalati
con gli occhi.

Battaglie.


Battaglie.
Affamami pure
di ore trascorse
nell’attesa,
ma non privarmi mai,
troppo a lungo,
della luce del desiderio
che fiammeggia
nei tuoi occhi.
E sfamami di te,
una volta oltraggiati i sensi
e disfatti i rifugi,
ostaggi dei silenzi.

Il sorriso del caos.


Da qualche parte
ho perso
il prezioso foglietto
dove appuntavo
le cose importanti.
C’era annotata a matita,
quasi uno scarabocchio
confuso tra frasi e schizzi,
anche una formula magica,
forse solo una combinazione
di numeri casuali:
quella che apriva la bocca
nell’atteggiamento lieve
che la faceva sorridere.
Ho smesso di cercarlo
rinunciando al percorso
che solo gli attimi
di caos felice generano.

La nuotatrice.


La nuotatrice.

Mi rifugio
nell’accoglienza
di questo vuoto sazio,
fatto di silenzi.
Vie di fuga,
tra sterpi e rovi,
mi hanno già ferita.
Non cerco
un’altra pagina
da sfogliare,
distrattamente.
Annego la malinconia
tuffandomici dentro,
a grandi bracciate
mi allontanerò
da troppo stridore.
La luce del faro,
intermittenza del cuore,
a carezzarmi il viso.

Sabbia di giugno.


Sabbia di giugno.

Accarezzo
questo mio nodo
mai sciolto,
un gomitolo fitto
d’intricati desideri.
Rotola
tra i miei pensieri
del meriggio,
fra la sabbia sollevata
dal vento e dalla noia.
Il sole si ostina
a specchiarsi pigro
sulle perlacee superfici
del tempo.

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Brillii.


Brillii.

Reso opaco,
da un lungo corteo
di giorni inutili,
d’improvviso
lo sguardo tuo
s’incendia,
seducente,
per un indecente
pensiero.
Anche per chi
si nutre
di pane di silenzi,
misero si rivela
l’argine opposto
all’esondare,
irrequieto,
della vita.