Mostri marini.
Incagliata,
nell’esitare vago
della speranza.
Flutti intorbiditi,
tutt’attorno.
Scavo nel ricordo,
cercando nuovi segni.
Mostri marini.
Incagliata,
nell’esitare vago
della speranza.
Flutti intorbiditi,
tutt’attorno.
Scavo nel ricordo,
cercando nuovi segni.
Dispersi.
Le vele gonfie
del desiderio,
come vento di tempesta,
ci condussero
a quella linea bianca
che delimita i nostri universi.
Lontane e perdute
le rive.
Cancellate
dai nostri sguardi
naufragati.
Battigia.
I miei pelagici ricordi
sciamano,
mollemente appesi
a una risacca oceanica.
Come malumori diffusi,
cui manchi la voglia
di dissimularsi
in stanchi e spenti sorrisi,
si insabbiano
in attesa di nuovi giorni.
Gabbiani frenetici
a becchettare l’orlo
di questo vuoto.
Sorge la luna
innamorando di sé
le acque scure.
Ai pesci non importa.
Guardo, con insistenza,
le mie scarpe rotte
fluttuare
e frugo ancora
nel fondo delle tasche
per ritrovarvi resti
d’un sogno umano,
in questa disumana
marea di corpi e di speranze,
naufragati e spersi sulla battigia.
Guardo l’orizzonte piatto e blu,
senza confine.
Non ci sono confini né frontiere
dove ti chiedono chi sei,
perché sei partito,
che lavoro vuoi fare,
dove intendi andare
o se c’è guerra
nel paese che hai lasciato.
Nessuno che ti chieda l’età,
in cosa credi, chi ami.
Ai pesci non importa nulla
di chi gli galleggia accanto,
l’acqua ti culla,
dopo averti accolto:
nessuna quota di ripartizione
qui.
Qui c’è posto per tutti.
Istanti di calma.
Molte volte
ho fatto ordine,
nei bivi improvvisi
della mia vita,
come il Tempo fa
con le improvvide rive
devastate dalle aspre
tempeste di mare.
Le note del cuore.
Una sinfonia di sorrisi
si fa il tuo sguardo
quando m’intravedi,
come terra il naufrago.
Culla d’onda
un corallo per croce
perduta luce.
Destini dispersi.
Cielo e mare confusi,
soli ad accogliere la sofferenza,
come un giaciglio
dove deporre la vita
e il suo silenzioso dolore.
gialloesse
homo sum: nihil humani a me alienum puto ... τό βιβλίον τῆς ἐμῆς ψυχῆς
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