Bambina con cappello.


Bambina con cappello.

Quella scia di sguardi
e di parole,
ormai perdute, distanti,
che mi trascina,
talvolta, vorticosamente,
non ha nome, non s’acquieta,
se non posandosi,
terribile,
in un male silenzioso,
sul cuore.

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Cecità.


Cecità.

Pascersi delle apparenze
è l’inganno mortale del mediocre.
Come, se quel fondale di cartapesta,
disegnato per ingannare gli altri,
non lo conducesse
a fingere, anche con se stesso,
d’aver davvero vissuto
la propria vita,
camminando bendati
sul precipizio
d’un tempo sprecato.

Inverni.


Inverni.

La mia bocca si tace,
perfetta,
quando persino il cuore,
in cerca di una tregua,
silenzia l’anima,
ché ogni parola duole.
Si culla nell’oblio
della spenta primavera,
nei lunghi inverni
che mi ospitano
i pensieri,
nelle morte mie stagioni,
agli anni che mi attendono
vanno,
ai loro affanni,
alle perdute voci.
E annegano, nelle ombre,
gli occhi.

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Destini.


Destini.

Quando l’incontrai,
udii le parole attese
da remoti sogni.
E mi sentii ripetere
cose che già conoscevo,
senza che prima
ne capissi il senso.
Era il tempo atteso,
era il destino
che m’aveva,
a lungo, aspettato
su quel varco
illuminato.

Giri di giostra.


Giri di giostra.

Tornano
gli uomini,
a ripercorrere
gli istanti del dolore,
come un assassino
che torni sul luogo del delitto,
come se cullassero in seno
la maledizione
di preferire i passi già noti,
la vile consuetudine,
a quelli
che potrebbero salvarli.

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