Allo specchio


Allo specchio

Ogni giorno mi specchio
solo per sorprendermi
sopravvissuta
alle mareggiate improvvise
e alle desertiche traversate
della vita.
Il mesto sguardo, sovente,
acceso di quella guizzante ironia
così mal tollerata, un giorno,
e dall’etereo distacco.
Tagliente forza con cui
ridimensiono gli ostacoli
ed i traguardi facendone
multicolori coriandoli
da gettare nella danza del vento
affinché non divengano altro
che minuta ed essenziale
pioggia di gioia di vivere.

Impertinenze


Impertinenze

Corro su vie
tracciate nel tempo
e lascio tesori e sassi
in ogni stazione.
Ho scelto di scendere
in stazioni abbandonate
per visitare ragnatele
tra i cuori in soffitta.
“Guardami,
non c’è dolore
quando non si alza la posta”
ti dicevo
Ma si riparte con valigie
rese pesanti dal nulla
che si porta via.
Avere ancora voglia
di tornare
questo si’
ha il sapore del frutto acerbo
che nascondi, furtiva,
nelle tasche del grembiule.

20130813-193530.jpg

La porta della tua notte.


Siamo le parole perdute,
le occasioni mancate,lo sfalzato
disincontrarsi dei tempi.
In questa vita fatta
più di brevi interruzioni di vuoti
che di motivi lineari,
lasciami essere un punto di luce,
il soffice mantello d’un gatto
che ti miagola nude movenze di vita
e scompare nel buio della strada
che casualmente attraversi.
Apri la porta della tua notte,
in un vorticare di sogni,
al mio passo randagio.
Lasciami essere quella voce
che ti si rincantuccia in grembo,
in corrisposto pensiero.

di:© flameonair

 

Vorrei cantare gli occhi delle madri


Da
L’ombra
della luce

Vorrei cantare gli occhi delle madri.

Vorrei cantare
gli occhi delle
madri
quelli incatenati dal ricatto
o quelli accesi dalla follia
d’una
gioia ritrovata.
Vorrei cantare
di quelle parole di musica
sprangate in
fondo al cuore,
affinché l’urgenza dell’amore
frantumi ogni
catena.
Vorrei cantare
I dubbi delle madri,
il loro sentirsi
inadeguate,
quegli occhi che gridano
l’incapacità di salvare
i figli
dal proprio destino.
Vorrei cantare storie di madri
con un timbro
nuovo,
con quei suoni profondi
che i parti rievocano in
loro,
nell’ancestrale connubio
tra la gioia e il dolore,
mistico
generare di vita.
Vorrei cantare
quei volti sfiancati
e quei corpi
stremati
cui appesi vedi  occhi enormi,
devastati dalla fame.
Vorrei
cantare
la grazia dei loro gesti pazienti,
un diffuso chiarore,
sfumarsi
su candide tende di luce,
in mattini silenziosi.
Vorrei
cantare
una realtà nuova
di corpi di madri e di figlie
abbracciate, ma
non
per mutua difesa  dal male,
accogliersi come il fondersi
del cielo
al mare al  tramonto.

foto e parole di:© flameonair