Film che vedo


 

 

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Il sangue degli uomini – Romanzo di una strage

Il 9 maggio, Giorno della memoria per le vittime della violenza politica, giorno del ritrovamento del corpo di Aldo Moro e di Peppino Impastato, è ormai vicino e vorrei rammentarlo oggi parlando di “Romanzo di una strage” di Marco Tullio Giordana incentrato sulla strage di Piazza Fontana del 12 dicembre 1969: ad essa connesse indelebilmente, le figure dell’anarchico Giuseppe Pinelli, del commissario di polizia Luigi Calabresi, del politico Aldo Moro.

Il tema delicato che affronta, la testimonianza di giorni insanguinati dall’odio e da una guerra civile non dichiarata ufficialmente, ma quotidiana e drammaticamente concreta in termini di uomini assassinati in nome di uno schieramento politico, ha scatenato ancor prima di uscire nelle sale forti polemiche: da parte del figlio di Luigi, lo scrittore e direttore della Stampa Mario Calabresi, in particolare per la mancata testimonianza dell’odio mediatico scatenato contro Calabresi da una larga parte degli intellettuali a quel tempo schierati a sinistra e per aver modificato la frase significativa detta dal padre circa il ripensamento e la scelta di cambiare la cravatta prima di scendere per andare verso la sua cinquecento accanto alla quale fu ucciso (“Gemma, metto la cravatta bianca perché è il simbolo della mia purezza”) che potete leggere qui http://www.corriere.it/cronache/12_marzo_25/calabresi-cazzullo_3e597db2-764d-11e1-a3d3-9215de971286.shtml , per inesattezze – secondo l’opinione di Adriano Sofri che può esser approfondita qui http://www.43anni.it/ – causate dall’aver preso liberamente a spunto il libro ‘Il segreto di Piazza Fontana’ di Paolo Cucchiarelli http://www.ansa.it/web/notizie/rubriche/cronaca/2012/03/31/visualizza_new.html_159643542.html , fino al titolo ad effetto “Che palle la strage di stato” de Il Foglio qui http://www.ilfoglio.it/soloqui/12864-.

Al di là delle opinioni libere già espresse e riferite in questi link che vi propongo e di chi vedrà il film che rispetto , come sempre occorre tenere nel giusto conto, in un dibattito civile e democratico le altrui posizioni, è innegabile il merito che assume il film e la ferma volontà di realizzarlo quale testimonianza di un periodo storico che si è “voluto dimenticare” e quasi nascondere sotto il tappeto ai ragazzi di oggi (e alle coscienze di chi allora c’era e ha preso le parti dell’uno o dell’altro) senza analizzarlo appieno e senza giungere ad inconfutabili certezze, anche giudiziarie, che dipanino la matassa oscura dei legami, della posizione assunta dagli intellettuali del tempo e dalla stampa e delle occulte strategie di Stato (e qui la figura di Aldo Moro ha un’importanza fondamentale e fa presagire quali interessi e quali forze ne decideranno nel ’78 il rapimento e l’uccisione) e dei Servizi che hanno condotto agli anni di piombo che hanno causato tante vittime sul selciato, nelle piazze e nelle stazioni, e tante altre vittime nelle famiglie che vi sono state coinvolte e più propriamente stravolte.

Quello che mi sento di dire, dopo averlo visto, oltre al merito del cast che ha offerto una prova magnifica, è che il valore del film è nel voler ripercorrere con completezza storica le fasi di quanto fu detto e di quanto fu taciuto per farle conoscere a chi non le studia, a scuola, sui libri di storia mentre dovrebbe entrare a far parte della nostra coscienza di cittadini italiani anche per farci comprendere quanto sia importante discernere il vero dalla propaganda politica e dalle versioni “ufficiali” dei fatti e sa ricordare chi affrontò quella vicenda con correttezza, con lealtà, uomini al di là dell’esser simboli agli antipodi: “Divisi dalle idee, uniti dal rispetto” ; pur non potendo certo restituire i familiari a chi li ha persi in queste circostanze, come dice il regista.

Resta l’omaggio legittimo ed importante alla memoria di quanti hanno perso la vita, resta il coraggio civile (visto che tanto rumore ha determinato la sua uscita) di porre in luce alcuni uomini che in quegli anni sono stati immolati a causa del proprio senso di appartenenza ed il senso di profondo rispetto per l’aspetto umano di chi è dietro al personaggio pubblico e di cronaca, sempre solo e abbandonato a sé stesso quando per coerenza non si omologa a chi potrebbe difenderlo.

Ritengo che l’oblio pubblico di quanto ha portato alle vittime degli anni della violenza politica sia stato un modo per ucciderle di nuovo, un modo per far sì che il loro sacrificio appaia inutile e lo dico con la sensibilità che nasce dal fatto di aver assistito a quello scontro quotidiano di un Paese, con la mia sgomenta fragilità di bambina e adolescente, da quella strage di cui appresi a 10 anni alle vicende terroristiche che hanno costellato i miei anni di scuola, al ritrovamento di Moro mentre mi stavo preparando al diploma di maturità. Anni in cui si è perduta l’innocente certezza di una giustizia non asservita né sviata: anni in cui troppo spesso i processi non hanno saputo dare un volto certo né una spiegazione più profonda a quanto ha attraversato, come una lama tagliente, la nostra storia recente affondando i suoi colpi sui singoli e sulla popolazione intera.

http://youtu.be/_ja2pK6tEes

 

  • Donne senza uomini – film di Shirin Neshat

Animazione Flash

Donne senza uomini

Il film della regista ed artista iraniana Shirin Neshat, insignito
del Leona d’Argento alla Mostra del Cinema di Venezia dell’anno
scorso –
giunto nelle sale italiane dal 12 marzo 2010 – è tratto
fedelmente dall’omonimo romanzo della scrittrice iraniana Parsipur
Shahrnush
, incarcerata varie volte nel suo paese, fino a quando la persecuzione
non l’ha costretta all’esilio negli Stati Uniti.

La regista, un’artista completa che si occupa anche di multimedialità, non perde occasione per farsi messaggera di una utopia per la quale invita tutti a lottare:

Facciamo la pace tra Iran e Israele. Noi siamo ambasciatori dei due paesi; per questo dico No alla guerra e Sì alla Pace“.

Le protagoniste della vicenda -ambientata nel periodo delle lotte politiche e del colpo di stato in Iran del 1953 – sono donne di status sociale assolutamente diverso ma che condividono un bisogno e una ricerca comune di indipendenza e di affermazione della propria libertà personale, di un sentimento vero e di un’evoluzione e trasformazione spirituale, obiettivi per i quali sono pronte ad affrontare anche scelte estreme.

Le loro strade si incontreranno – temporaneamente – in un meraviglioso giardino lussureggiante, una sorte di paradiso perduto e magico, in cui trovano il conforto e l’amicizia l’una per l’altra, ma l’evasione dalle loro vite avrà un durissimo costo.

La fotografia è spettacolare con immagini da scolpire nella mente ed evanescenti sublimazioni visive: tra queste un omaggio accennato persino al famosissimo quadro preraffaellita “Ofelia” di John Everett Millais nel galleggiare del corpo tragicamente anoressico di una delle protagoniste, la prostituta che cerca una redenzione interiore nel suo tentativo di annullamento di sè; quello della sua disperazione nel tentativo di cancellare le tracce del suo avvilente mestiere nell’hammam, il bagno turco, ove ci si depura il corpo e l’anima, ed infine la scena relativa all’altra coprotagonista, dalla terrazza, i suoi capelli al vento, il suo ondulare come una foglia strappata all’Albero della Vita.
L’intero film è intensamente ricco di simbologie nascoste, gli elementi naturali che appaiono e sono sincronici solamente alle donne: la terra, il vento, l’acqua che scorre, l’aria, il bosco. Senza dimenticare come è evidente lo scontrarsi della sensibilità e della profondità degli animi femminili, il loro amore ed il bisogno di esprimere la propria anima nella passione, nell’impegno civile, nell’arte, rispetto alla mancanza di spessore, quando non all’ottusità e alla cruda violenza, dei personaggi maschili con cui vengono a contatto.

La pellicola è in realtà un ibrido o meglio una creatura dai molteplici volti fondendo insieme un lungometraggio di denuncia della violenza subita dalle donne in Iran, un film documentaristico su quel momento storico che condusse l’Iran verso la rivoluzione islamica e la situazione dell’Iran di oggi, ma anche – parallelamente – un viaggio spirituale, mistico, visionario e poetico di ribellione, di crescita e di consapevolezza interiore, tanto per quanto riguarda la figura della donna in un paese islamico quanto il tentativo di rispondere alla violenza che si respira nel medio oriente con un’utopia di superamento dei conflitti che insanguinano quelle terre da sempre.

(flameonair)

  • Bright Star  – Una romantica, delicata emozione

 

Bright Star

Gran Bretagna, Australia, Francia: 2009.
Regia di: Jane Campion
Protagonisti: Abbie Cornish, Ben Whishaw,
Sito web: www.brightstarthemovie.co.uk/

La grande regista e sceneggiatrice neozelandese Jane Campion, che già ci estasiò con il suo “Lezioni di piano”, ci regala un’altra prova speciale della sua maestrìa – sempre elegante nella pittura fotografica – pur ritrovandovi una minore penetrante complessità rispetto al già citato suo capolavoro – con il film “Bright Star”, la “stella lucente” della sensuale poesia di John Keats, prendendo come ispirazione per il titolo proprio i versi scritti per l’unico grandissimo amore, estenuato e romantico, del poeta inglese per la sua vicina di casa, la solare, volitiva ed indipendente Fanny Brawne, conosciuta nel 1818, iniziato nella reciproca diffidenza, ed interrotto solo dalla sua morte sopraggiunta tre anni dopo.
La pubblicazione della corrispondenza che i due innamorati si scambiarono suscitò grande scandalo nella puritana società vittoriana del tempo

La forza struggente dell’amore, che sa andare oltre le difficoltà e gli ostacoli che la realtà fa sorgere al suo compiersi, e la forza vitale e rivoluzionaria, trasgressiva rispetto alle imposizioni della morale corrente, delle donne sono anche qui, come già in Lezione di piano, il vero spartiacque lungo il quale il film, toccante e delicatissimo come una trina di merletto ottocentesco, si snoda.
La storia d’amore, senza futuro, tra John e Fanny ci è narrata attraverso i versi stessi del poeta, morto a soli 25 anni nella casa “rosa” a Piazza di Spagna, senza poter godere in vita di quella fama imperitura che invece gli è stata riconosciuta dopo la sua morte.
Keats nei suoi pochissimi anni ha scritto con genialità ed oltre la limitatezza dei canoni poetici del suo tempo: l’amore per Fanny rinvigorirà e darà ali al suo estro poetico, conducendolo alla composizione delle sue poesie più intense, più vere, contrariamente a quanto ne pensasse l’amico e collega Mr. Brown, che tenterà in ogni modo di ostacolarne la relazione.
Il film, pur ispirato dalla poesia keatsiana, ha un punto di vista incentrato sulle figure femminili che circondano il poeta: la forza, il coraggio e la ribellione alle convenzioni della rigidità morale borghese vittoriana delle donne (di Fanny e di sua madre, ad esempio, che le consentirà di portare avanti la sua relazione segreta nonostante ciò possa nuocerle alla reputazione) sono altrettanto eversive della poesia stessa che nulla ha da spartire con le ristrettezze economiche e di fama, ostacolata dai critici del suo tempo, del poeta.
L’amore consente a Fanny di accantonare i “buoni e saggi propositi” di farsi una dote con le sue grandi capacità nel cucire abiti e nel ricamare e di infischiarsene del successo riscosso nei balli, necessari per trovarsi un buon partito: lei vede le doti spirituali, la sensibilità estenuata e superiore di Keats e si vota a lui in un amore, innocente ed assoluto, che nulla chiede se non l’eternità che solo può dare la magia di amarlo anche oltre la morte.
Storicamente, sembra che Fanny abbia portato il lutto per tre anni dopo la morte del poeta ed abbia tenuto l’anello (e le lettere d’amore) che egli le regalò per sempre, pur trovandosi costretta, in seguito, per necessità economiche, a sposarsi e ad avere anche due bambini.

La fotografia del film di Greig Fraser esalta il tempo infinito che sembra scorrere appena, se non, talvolta, fermarsi, tanto essa è ripetitiva nella muta contemplazione dei compiti quotidiani e della rigidità delle convenzioni nella prima parte, in cui la meticolosità e la ristrettezza dei sogni di fanciulla, è affidata e tradotta dalle inquadrature quasi ossessive dell’ago che trapassa, penetra lentamente l’ordito e le trame delle stoffe, quasi questa fosse l’unica sua possibilità di “andar oltre” il velo che la “imbavaglia” e il lenzuolo che la cinge alle consuetudini di una vita in cui tutto è già prefissato e stabilito e che impedisce alla sua anima di vedere i veri sogni per i quale meriti vivere.
A tale “ristrettezza” d’intenti, si accorda perfino lo sguardo di Fanny, rigido, duro, inflessibile, in piena sintonia con questa pianificazione anche nei minimi dettagli dell’avvenire
Ma il sentimento quasi ossessivo per John – a sua volta puro, candido, totale nel suo dedicarsi all’arte e alla donna che sente amerà per l’intera vita come unica fonte di luce e di bellezza – scardina ogni convenzione, ogni movimento trattenuto: si scioglie il suo sguardo in dolcezza ed incanto infiniti, si sciolgono le sue movenze, in danze nell’erba, nella bellezza eterea dei giochi delle dita tra le farfalle, si fa pienezza di struggente e malinconico sentimento, dai sospiri trattenuti mentre l’aria, increspando le tende candide, le accarezza la pelle, le gambe ed i pensieri, si fa tormentata innocenza nei tocchi alla parete divisoria interposta tra i due innamorati, si fa disperazione viscerale, nel “pianto senza respiro” , quasi un empatico immedesimarsi negli ultimi dolorosi attimi toccati al suo amato lontano nel morire di tubercolosi, non appena la notizia funesta le giunge.
Tra scene piene di poeticità memorabili , l’uso di una fotografia che le rende veri e propri quadri impressionistici, seguiamo e partecipiamo ad un amore che è romanticismo e creazione, un’estatica passionalità sublimata in poesia, un profondo e sacro dedicarsi l’uno all’altra, superando spazio e tempo, senza chiedere null’altro che la fedele attenzione e sensibilità per l’amato, la struggente nota di una vita insieme solamente immaginata perché il destino si frapporrà al suo realizzarsi, così bene colta nella frase premonitoria di Keats:

“Sogno che siamo due farfalle in estate con soli tre giorni di vita. Insieme a voi sarebbero più deliziosi di cinquant’anni di esistenza ordinaria.”.

Animazione Flash
Tutto il film ci parla di poesia, tra parole ed immagini incantevoli in versi, di sinuosa armonia di sentimenti ed alchimìe, di amore vissuto negli sguardi di complicità, nell’esitare, nel chiudere gli occhi per sentire più profondamente attraverso gli altri sensi, nell’integrarsi romanticamente nei mormorii e nei fruscii della natura, accecante nella sua effimera luminosa bellezza, condotti per mano dalle note dolcissimamente malinconiche degli archi (viole, violini e violoncelli) della colonna sonora – firmata da Mark Bradshaw – che sembra non abbandonarci mai.
Come nei versi di Keats, in Brigth Star, l’estenuata purezza e la sensuale carnalità, degli sguardi e dei gesti, non sono in antitesi ma fluiscono nella stessa intensissima danza della vita, nella consapevolezza della sua estrema fragile caducità, generando la sua fusione sensoriale di materialità ed immaterialità, di carne ed anima.
Di questo film c’è chi ne critica lo scarso pathos: io ne ho ammirato la sensibile e ricercata trasparenza dei sentimenti, l’intimità che non oltrepassa mai le righe, sottili eppure forti ben oltre la pesantezza del reale, e così, delicatamente, propostaci dalle scene, dagli sguardi, dai gesti sommessi e dalla fotografia che si fa, essa stessa, ulteriore poesia.

Alcune foto tratte dal web sulle scene del film:
 



La lapide tombale di John Keats nel
Cimitero Acattolico di Roma
« Qui giace uno
il cui nome fu scritto
sull’acqua. »
(Epitaffio sulla tomba di John Keats)

Bright Star
Bright star, would I were stedfast as thou art–
Not in lone splendour hung aloft the night
And watching, with eternal lids apart,
Like nature’s patient, sleepless Eremite,
The moving waters at their priestlike task
Of pure ablution round earth’s human shores,
Or gazing on the new soft-fallen mask
Of snow upon the mountains and the moors–
No–yet still stedfast, still unchangeable,
Pillow’d upon my fair love’s ripening breast,
To feel for ever its soft fall and swell,
Awake for ever in a sweet unrest,
Still, still to hear her tender-taken breath,
And so live ever–or else swoon to death.

Stella Luminosa
“Stella luminosa, fossi fermo come tu lo sei

ma non in solitario splendore sospeso alto nella notte, 

a vegliare, con le palpebre rimosse in eterno,

come paziente di natura, insonne eremita,

le mobili acque al loro dovere sacerdotale

di puro lavacro intorno a rive umane,

oppure guardare la nuova maschera dolcemente caduta

della neve sopra i monti e le pianure.

No – pure sempre fermo, sempre senza mutamento,

vorrei riposare sul guanciale del puro seno del mio amore,

sentirne per sempre la discesa dolce dell’onda e il sollevarsi,
sempre desto in una dolce inquietudine
a udire sempre,
sempre il suo respiro attenuato,

e così vivere in eterno – o se no venir meno nella morte”.

Animazione Flash
Animazione Flash

2 risposte a "Film che vedo"

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